Quest'uomo: Velso Mucci

Il leggere è un conversare che
  si fa con chi scrisse
. Leopardi  

 

Il destino di Velso Mucci sembra relegato nella memoria dei lettori in un limbo riservato agli addetti ai lavori piu’ colti.

Parrebbe strano che ad un poeta innanzitutto, scrittore, curatore di edizioni d’arte preziose, redattore e fondatore di riviste letterarie, intellettuale di formazione e levatura superiore, cresciuto tra le frequentazioni dei piu’ grandi artisti del secolo scorso, filosofo laureato con una tesi in Filosofia teoretica, non siano stati riservati altro che angoli ristretti di conoscenza e stima fra poche persone, per lo più dello stesso mestiere.

Una delle verità possibili è che a Mucci è toccato nascere e crescere, lui uomo di lettere di formazione mitteleuropea e cosmopolitica, in un paese che tutt’oggi continua a bearsi nella sua dimensione provinciale e strapaesana, rilustrandosi e continuando a riempirsi la bocca della memoria dei suoi grandi nomi pontificati nella coscienza esteriore collettiva, ma desolatamente perduti nella profonda ignoranza del singolo.

O piuttosto bisognerebbe dire che l’aver scritto un solo romanzo, alcune poesie molto belle e altre meno, (è stato detto poeta di un unico libro), saggi ed interventi (coltissimi e di grande profondità) su argomenti letterari, linguistici e sociali, alcune prefazioni di gran gusto, dei pezzi di critica d'arte di sensibilità rara, e poi aver riunito i migliori nomi del ‘900 italiano nel Costume politico e letterario e nell' edizione raffinatissima del Concilium lithographicum, non è stato sufficiente a consegnarlo all’immortalità?


Velso Mucci e Nazim HikmetAlle grandi fortune che Mucci ebbe in vita, quella di aver incontrato una donna eccezionale come Dora e di aver avuto per amici personali i migliori nomi dell'intellighenzia della sua epoca, fino ad ora non si è accompagnata quest' ultima. La sfida è capire quanto l'uomo macerato dal suo mondo interiore nascosto dentro l’intellettuale e il letterato in fondo vi aspirava. Il dubbio è che il nostro lavorare intorno a lui per cercare di ricordarlo non sia poi una fatica così auspicata.

Poi, con Joyce Lussu, tradusse anche il poeta turco Nazim Hikmet, tanto ricordato e ancora regalato fra gli innamorati di oggi quanto dimenticato dalla critica. Ma anche questo non servì a renderlo famoso.

Hikmet e Mucci a Tasckent

Fu lui stesso a scrivere :

Uno di questi giorni mi vedrai sparire,
inghiottito dai ricordi.

E le testimonianze del suo nichilismo affettivo ed esistenziale sono perse in vaghe e troppo lontane memorie personali. Le persone che lo hanno conosciuto sono sempre più diradate.

... poi il risucchio sarà così forte,
che colerò per sempre a picco
nelle profondità della memoria.

Ai posteri è stata consegnata una sentenza in maniera un po' ardua e sbrigativa, sarebbe stato meglio un rinvio a giudizio.


Ci consoliamo pensando che ad un autore ben più prolifico, il poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli, suo amico fraterno nonché testimone di nozze insieme a de Chirico, non è stata riservata una sorte tanto migliore, fino a quando la fondazione con sede a Montemurro che porta il suo nome non ha iniziato di recente una imponente opera di rivalorizzazione della sua figura e delle sue opere.

Giorgia de CousandierMa le bellissime poesie di Giorgia de Cousandier, sua moglie e compagna, amica d’infanzia dei ragazzi di via Panisperna, tali Enrico Fermi, Bruno Pontecorvo e Emilio Segrè, quei geni che lei ha ricordato come “Les enfants terribles” in un articolo pieno di nostalgia del '56, sono ancora rimaste nel dimenticatoio. La prefazione a "Tre elegie e altre poesie" gliela mandò Mucci da Londra nel 1963. È rimasta uno dei pezzi lirici più alti del '900. Giorgia, un anno dopo la sua morte, lo ricordò su “La botte e il violino”, rivista diretta da Sinisgalli. Il sentimento reciproco rimaneva lo stesso.
Giorgia de Cousandier

  

                Novembre

Ogni anno io muoio a novembre.
Che fatica risalire il pozzo profondo,
Poesie di Giorgia de Cousandier ritrovare le ragioni per vivere.

La vite si spoglia alla vigna,
ogni ramo si spegne di verde, ogni foglia.
Tutto ritorna nel grembo della madre
con lei si confonde.
La terra dei campi è di creta
non ci sono piu’ solchi di aratro.
Le siepi di more mostrano solo proterve le spine
nell’aria fumosa di autunno.
Che pena gli arbusti sfioriti.
Che pena le rose appassite dei miei balconi.
I gatti randagi cercano inquieti un rifugio.
Non c’è più un grido di volo felice
nel nostro cielo solcato da nubi.
Il mio sonno è popolato da spettri…

Giorgia de Cousandier

Pochi, poi, ricordano che fu proprio Giorgia a dare il nome alla "Giulietta", la vettura piu' famosa dell'Alfa Romeo di tutti i tempi e il sogno di tutti gli italiani.

Ma le scriveva anche, le fiabe. Fu proprio la Pirelli, per la quale lavorava suo marito Sinisgalli, a pubblicarle in qualche anno di quelli di allora “La Principessa del Pisello e altre fiabe” per ricordare ai bambini delle scuole italiane i miracoli della Gommapiuma:

“ Un Re, una Regina e un Reuccio vivevano in un bel Castello dell’Oriente, tutto costruito su cristallo, circondato da potenti bastioni.
Era una famiglia abbastanza felice, abbastanza felice perché quei Reali erano afflitti da una indicibile calamità: l’ambizione piu’ sfrenata.
Infatti avevano costruire quegli inaccessibili bastioni per non trovarsi a contatto diretto con i loro sudditi : percio’ vivevano isolati con la Corte e non sapevano che cosa avvenisse al di là della loro Roccaforte, e tanto meno nel mondo progredito degli uomini occidentali.”

Fiabe di Giorgia de Cousandier

Chissà cosa si diranno vedendoci, nel limbo in cui vagano insieme.
E a questo punto non so neppure se vorranno così tanto andare in Paradiso.


Ad altri suoi amici aveva dedicato un pezzo, Après Combray de Proust, nel volume Le carte ed altri scritti del 1940: «A Charles-Albert Cingria, à Edouard Aslain et à tous mes amis de la rive gauche». Che ne è stato di loro, o meglio chi erano?

Cingria, scrittore svizzero (Ginevra 1883 - 1954). Gran viaggiatore e dandy, frequentò Cocteau e Stravinskij, collaborò alla Nouvelle Revue Française e fu uno studioso di musica, storia e cultura medioevale. Scrisse opere erudite e fantastiche.

Edouard Aslain invece non è ricordato da nessuno, se non da Mucci e suo cugino Sandro Alberti come l’ultimo dei poeti parnassiani. Non è entrato in nessuna memoria collettiva, anzi forse lo conoscevano solo loro due e sparì nel nulla nel 1945. Una vaga traccia è conservata in una recensione poco generosa nel "Mercure de France" del 1937 a firma Andrè Fontainas. Di quello che scrisse una copia anopistografa di “Les Sonnets du soleil”, Editions du Scribe, 1940, è conservata presso la Bibliotheque Nationale de France, Notice n° FRBNF35284164.

Quanti lettori oltre ai nostri avrà avuto?

In “Les Poisons", Edition du Trident, Paris MCMXXXVI, 15 francs, dedicato in autografo a Max Ph. Delatte e in stampa: Au vrai Mage de la Lyre, et dominateur de l’Âme, a mon illustre maitre Vincent Muselli, alchimiste du vers fait d’or et de feu, vi è questo bellissimo sonetto :

 

LES POISONS

Pour Mme Anne KEITH

Edouard Aslain poesieJ’ai bu tous les poisons dans la coupe d’opale
Du vieux roi de Bohême et du roi de Thulé ;
J’ai quitté mon royaume au temple immaculé
Et ma couronne d’or pour les eaux du Stymphale.

Poèsie…ô magique et funèbre roseau !
Musique enchanteresse où sombre un cœur de fiel :
Donnez-moi pour toujours ou l’enfer ou le ciel !
O Saintes, cherchez-vous de Saint Jean le tombeau ?

Ombres du Souvenir dans notre âme ancienne ;
Clocher debout encor sur ton mur ruiné :
Où sont-ils, dites-moi, mon Dauphin et ma Reine ?

Ne chantez plus, Amours ! Sur la lyre brisée
Les piseaux se sont tus. Le soleil décliné
Va baigner les Lauriers dans la rouge rosée.


In «DOVLEVR», Collection de l’Ermitage, Paris MCMXXXI, così scrive Aslain:

LE LIVRE DE PSYCHE

A Marthe Piromaly

Sonetti di Edouard AslainJe n’ai jamais changé mes Dieux pour d’autres Dieux !
Mais toujours fidèle... ô Psyché! j’ai, dans ma vie
Préféré votre amour, votre chant orgueilleux
Pour égaler mon âme à votre âme assombrie.

Et plus que pourpre vaine et diadème d’or
O Psyché, belle et nue, ardente et grave et pure
D’ avoir de la Douleur aimé le rythme fort :
J’aime le triste éclat de votre gloire obscure.

 

La Psyché, lo spirito che pensa, la vera musa ispiratrice di Mucci.

E queste parole così evanescenti ?

ti sentivo eseguire
gli esercizi
sul clavicembalo
prima d’accorgermi
che eri morta da tempo

Sparito, dimenticato? E quelle edizioni clandestine, stampate su carta povera e già ingiallita in poche centinaia di copie non destinate al commercio?

Nel 1964, nella notte fra il 5 e il 6 settembre, Mucci si spense, lontano da tutti, fra i fantasmi e le nebbie di Londra all'età di 53 anni.

a.a.

Velso Mucci - Il futuro è a portata di mano

 


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